In un momento in cui lo sport in generale a livello dilettantistico e di base è fermo, non è di certo semplice mantenere alta la tensione agonistica e l’entusiasmo.
Ed ecco che, in questi momenti, è importante avere figure di riferimento che possano dare la carica e soprattutto portare un’esperienza ed un messaggio che, ai più, può infondere speranza ed ottimismo.
E’ il caso di Andrea Pecile, responsabile tecnico del settore giovanile biancorosso che, insieme al suo staff, sta lavorando alacremente con riunioni telematiche insieme ai ragazzi dei vari gruppi per alimentare ancora un desiderio di basket che continua ad ardere: “Veniamo chiamati a una sorta di nuova prova – queste le parole del “Pec” -, con questa pandemia. E’ chiaro che saremo ancora lontani dai campi per un tempo indefinito, ma nel frattempo avevamo già evitato di praticare attività individuale all’aperto seguendo alla lettera il suggerimento della Federazione Italiana Pallacanestro”.
L’attività del settore giovanile, però, non si ferma: “Non possiamo inventarci molto, ma ora la novità rispetto alla prima ondata è il fatto che organizzeremo degli allenamenti e degli incontri anche con altre società, per far sì che tutti quanti si sentano parte dello stesso movimento della pallacanestro, per continuare ad alimentare questa passione”.
Sul messaggio che una figura come quella di Andrea Pecile può portare, in un momento difficile come questo, ai ragazzi, il concetto è chiaro: “La mia testimonianza deriva dalla storia personale; in quinta elementare, per una broncopolmonite, sono dovuto star fermo per tre mesi, mentre al mio secondo anno da professionista mi sono rotto il piede ed ho subito uno stop di altri tre mesi. E’ una cosa che fa parte dello sport e, proprio in questi momenti, possiamo capire quanto è grande la nostra passione. Questo ci fa capire anche quanto siamo fortunati a poter andare in palestra a tirare, a fare allenamento: insomma, è un insegnamento a non dar nulla per scontato.
Lo stop ci porterà a coltivare ulteriormente gli sforzi “fuori dal campo”: i più grandi potranno prepararsi ulteriormente a livello fisico, mentre quello che potranno fare i più piccoli sarà comunque continuare a coltivare questa passione anche sul canestrino di casa, proprio come facevo io, che quando avevo la loro età potevo allenarmi solamente due volte a settimana”.
Il messaggio, quindi, è chiaro: “Noi non molliamo; ne usciremo più forti ed appassionati da questo periodo e tutto dipende dal nostro amore per la pallacanestro”.