“Sai che non ci avevo mai provato prima?” ridacchia Denzel Valentine parlando del passaggio in salto sotto le gambe che ha propiziato il 67-40 appoggiato al vetro da Jarrod Uthoff.
Roba da Harlem Globetrotters, che in pochi possono dire di aver visto dal vivo in un massimo campionato di basket europeo. Del canestro del 67-40 si parlerà a lungo, ma come ci siamo arrivati al 65-40? Con un altro assist no-look dietro la testa di Valentine per la tripla di Brown, direte voi. Giustissimo, ma allora come ci siamo arrivati sul 62-40?
Strano da dire in una partita all’insegna dello spettacolo e dei ritmi alti, ma la differenza per aprire quel margine di vantaggio è arrivata in gran parte dal reparto lunghi: Uthoff, Johnson, Brooks e Candussi sono stati autori di una prestazione di altissimo livello in tutti quegli aspetti del gioco per cui non verrà ricordata questa partita finita 107-81.
Spiega Coach Christian: “Non mi piace adattarmi alla strategia degli altri: vuoi mandare in campo un quintetto piccolo? Va bene, ti sovrastiamo a rimbalzo!”
Infatti, è proprio a cavallo tra il secondo e il terzo quarto che Trieste prende il largo grazie alla presenza sotto canestro di Brooks e Johnson, che trasformano in punti gli errori dei compagni dando il là – insieme alle bombe di Uthoff – ad un parziale di 19-2. Il risultato di quei cinque minuti è un vantaggio di oltre venti punti che gli ospiti non riusciranno mai veramente a mettere in discussione.
In superficie sembra tutto molto semplice, eppure non è così: creare una situazione di quel tipo è possibile solo per squadre di alto livello non in quanto a talento individuale, ma in tutti quegli aspetti che non si possono realmente toccare con mano o misurare.
Unità d’intenti, disponibilità al sacrificio, supporto reciproco.
Varese è letale in transizione, quindi era fondamentale che tutti, a maggior ragione i lunghi, rientrassero con grande disciplina e prontezza per evitare canestri facili; non solo, Varese aveva in campo tanti giocatori perimetrali, che significa più spazio da coprire in difesa e quindi uno sforzo maggiore per contestare i tiri e non farsi battere dal palleggio.
Queste erano le condizioni indispensabili per permettere ai lunghi di fare la differenza a modo loro: attaccando tutti i rimbalzi per togliere ritmo al frenetico attacco degli ospiti. Missione compiuta, con 26 rimbalzi totali per i soli Brooks, Johnson, Candussi e Uthoff, pochi in meno dei 32 conquistati dall’intera squadra avversaria; a questi vanno aggiunti i fondamentali 9 di Valentine, che come gli altri esterni ha coperto le spalle – a proposito, solita stoppatona di Brown – ai propri big men chiamati a difendere più lontano da canestro.
Più che il numero grezzo di rimbalzi afferrati dai biancorossi, è rappresentativa la percentuale di rimbalzi offensivi catturati rispetto al totale dei rimbalzi disponibili su quel lato di campo: ben oltre il 30% è finito tra le mani di uno tra Johnson e Brooks, una cifra impressionante e che mette nero su bianco quanto raccontato qualche paragrafo fa riguardo al parziale che ha spaccato la partita.
Tutti questi fattori hanno fatto sì che fosse l’attacco triestino, guidato per larghi tratti dal mulo Ruzzier in una serata complicata per Ross, a girare come un orologio mandando a segno ogni giocatore sceso in campo e concedendo spazio all’estro di tutti i ragazzi di Coach Christian.
Forse il segreto di questa squadra è proprio questo: sono pronti a fare tutto il lavoro sporco che serve per potersi divertire e divertire il pubblico con assist come quello di Valentine, quello sopra alla testa di Ruzzier per la tripla di Candussi, la schiacciata di Brown e le triple da nove metri di Uthoff.