OUTSIDE THE LINES: COACH FRANCESCO TACCETTI

Cosa c’è di meglio per un’intervista di un palazzetto vuoto, la comodità della panchina della Pallacanestro Trieste e un interlocutore che ha voglia di chiacchierare? L’ospite in questione è Coach Taccio, al secolo Ingegner Francesco Taccetti, al suo primo anno da assistente di Jamion Christian e con un lungo passato al di fuori della pallacanestro. E noi lo lasceremo parlare, ma non prima di avergli chiesto – com’è buona educazione – come sono andate le sue vacanze di Natale.

“Sicuramente è sempre un periodo strano perché io prima ho avuto, diciamo, una vita normale. Prima di iniziare ad allenare facevo un lavoro classico dal lunedì al venerdì e quindi tutti i periodi di vacanza c’era la possibilità di organizzarsi per passarli in famiglia, mentre questo lavoro alla fine non te lo permette; però penso che sia comunque un aspetto positivo, io non lo vedo come un sacrificio, non l’ho mai visto come un sacrificio. Poi devo dire che quest’anno ho avuto la possibilità di avere il giorno di Natale libero da passare in famiglia, cosa che non mi era mai successa da quando faccio questo lavoro, e quindi è stato bellissimo, anche se solo una toccata e fuga a casa della mia compagna siamo riusciti a incastrarla senza perdere il ritmo settimanale di preparazione alla partita. Alcune volte mi è capitato di fare un allenamento il giorno della vigilia al mattino e il giorno di Natale al pomeriggio, però erano giorni in cui non si poteva saltare e quindi al massimo a fine allenamento il 25 mangiavamo un panettone con la squadra a bordocampo.”

La curiosità che sorge spontanea a questo punto è sulla “vita normale” di Francesco.

“Diciamo che la mia vita da allenatore è la mia seconda vita, la definisco così quando racconto la mia storia, perché io sono laureato in ingegneria, ho lavorato per 11 anni in azienda, ho lavorato per 5 anni in Nike, dove mi occupavo essenzialmente di informatica, server, reti, computer… ero stato per qualche anno il project manager dell’apertura di nuovi negozi di Nike, sia outlet che franchise store e mi occupavo di tutta la parte informatica e tecnologica del negozio. Dopo ho lavorato per tanti anni in un’azienda di famiglia, un’azienda che produce cemento, e lì ho ricoperto ruoli come project manager, poi responsabile di produzione e alla fine ero direttore di stabilimento.

Però, in un momento di quella mia vita lì ho capito che quello che stavo facendo non mi stava restituendo tutto quello che io ci mettevo e, anzi, ero in parte un po’ deluso; quindi ho ritrovato casualmente la passione per la pallacanestro, che avevo già dentro ma ovviamente si era solo un po’ assopita. In quegli anni avevo anche un po’ smesso di giocare ormai, per tanti anni all’università e dopo l’università quando lavoravo in Nike a Bologna ho sempre giochicchiato, ma in quegli ultimi tempi non stavo più neanche giocando. Poi, parlando con un mio ex allenatore dei tempi del liceo a Gubbio che faceva il formatore, mi ha detto “dai che facciamo il corso giù in Umbria, vieni a farlo, tanto ci sono io tra i formatori e vedrai che ti piace, ti diverti”.

È nato tutto facendo il primo corso di allenatore, così, per scherzo, e andando a fare l’assistente allenatore post lavoro in una squadretta. In quegli anni stavo lavorando a Ravenna, poi da lì è partito il tutto e quando ho deciso di provare a far questo mestiere ho preso un anno di aspettativa dal lavoro che stavo facendo ma ho usato l’anno di aspettativa per allenare a tempo pieno, per vedere se avessi potuto imboccare questa strada e così è stato. Da lì sono partito e tutt’ora lo faccio con pancia e cuore e testa ventiquattro ore al giorno sette giorni su sette.”

Due mondi apparentemente opposti tra loro, ma qual è – ammesso ci sia – il punto di contatto che può aiutare chi non lo vive quotidianamente a capire cosa voglia dire lavorare nello sport di alto livello?

“È chiaro che l’ambiente sportivo è necessariamente legato ai risultati e i risultati sono settimanali, quindi c’è la tendenza ad avere dei feedback molto veloci rispetto a come sta andando quello che è il core business (vincere le partite, ndr) rispetto magari ad un’azienda tradizionale dove tu comunque puoi avere, per esempio, un bilancio semestrale per capire se il business che stai gestendo sta andando bene o no. Detto questo, ci sono similitudini che io ho trovato in Pallacanestro Trieste rispetto a un lavoro d’azienda. Un esempio è stato proprio il mio primo approccio con Pallacanestro Trieste, perché è stata la prima volta da quando faccio il lavoro di allenatore in cui, per essere messo sotto contratto, ho attraversato un percorso di selezione con più colloqui sia con il coach che con il general manager; però fare questi colloqui di ingresso per me è stato bello perché è anche un modo per conoscere bene chi sarebbe stato il mio il mio capo allenatore, chi sarebbe stato il mio general manager e in che tipo di società andavo a lavorare. Sicuramente è stato un modo per avere una reciproca conoscenza molto più approfondita, molto simile a quello che può essere un percorso all’interno di un’azienda.”

E per chiudere, sveliamo l’altra grande passione di Coach Taccio oltre al basket: la corsa. 

“Per me la corsa è fondamentale, perché è un modo per tenermi allenato ma soprattutto è il mio modo per ricaricare le batterie mentali. Corro ormai da tanti anni, da quando appunto lavoravo in Nike; ho iniziato lì a correre distanze un po’ lunghe, perché avevo un sacco di colleghi che lo facevano, anche ex atleti, e quindi fa parte della mia vita correre. Qui a Trieste devo dire che è super: puoi decidere di farti dei percorsi totalmente in pianura se vai verso  barcola e quindi puoi lavorare un po’ sul passo e sulla velocità, oppure decidere di fare un po’ di salite e discese e lavorare sulla forza e sulla parte aerobica. Puoi veramente scegliere di tutto, c’è anche una ciclabile che parte poco dietro casa mia con cui si può arrivare a Slovenia passando assolutamente fuori città e in mezzo ai boschi, quindi è incredibile per correre c’è tutto quello che vuoi.”

E mi raccomando, se lo incrociate durante uno dei suoi allenamenti, salutatelo!

“Io saluto sempre tutti i runner che incontro ma qua a Trieste è stranissimo, perché in città quasi nessuno ti ricambia e invece appena esci dalla città per boschi lì ti salutano tutti. Ci scherzavo con alcuni ragazzi con cui correvo l’altra sera: ma com’è che in città non salutano e fuori sì? Non l’ho mica capita ‘sta cosa…”

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